Pfizer ha vaccinato completamente più di 86 milioni di americani ed è il principale fornitore di vaccini anche in altri paesi, inclusa l’Italia. Recentemente, tuttavia, da Israele sono arrivate notizie che mettono in dubbio l’efficacia del vaccino dell’azienda, in particolare contro la variante Delta. Apparentemente e nel breve termine, potrebbe sembrare una brutta notizia per chi desidera investire in azioni sulla risorsa. Eppure le Azioni Pfizer non sono crollate sotto il colpo di queste novità. I dati proposti da Israele, infatti, agli occhi di un investitore attento rivelano maggiori opportunità di entrate per la società. Con la conseguente possibile crescita del relativo titolo azionario. Ecco perché.
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Pfizer, cosa dicono i dati di Israele
Secondo il Ministero della Salute israeliano, l’efficacia del vaccino Pfizer nella prevenzione complessiva del coronavirus è scesa al 39% durante il periodo di un mese, terminato il 17 luglio. Dal 6 giugno ai primi giorni di luglio, l’efficacia era al 64%. Per le malattie gravi, la discesa è molto più lenta: 91% contro il 93% del rapporto precedente. Allo stesso tempo, la variante Delta altamente contagiosa sta guadagnando terreno.
Apparentemente, questi numeri sembrano dire che il vaccino non funzioni particolarmente bene contro le varianti del coronavirus attuali. Di conseguenza, ora, diversi governi potrebbero tentennare prima di ordinare più dosi Pfizer.
Ma andiamo oltre. In primo luogo, l’efficacia nella prevenzione del coronavirus grave rimane estremamente elevata per il vaccino Pfizer. E prevenire le infezioni gravi e la morte è ciò che conta di più.
Occorre anche sottolineare che Israele ha lanciato una rapida e aggressiva campagna di vaccinazione all’inizio dell’anno. Molte persone, dunque, trascorsi più di sei mesi dalla prima dose, potrebbero fisiologicamente essere meno immuni.
La diminuzione annunciata dell’immunità
Il problema legato ai dati di Israele potrebbe dunque riferirsi al previsto calo di immunità dopo 6/8 messi dalla prima inoculazione, piuttosto che all’inefficacia della terapia contro la variante Delta. Fu lo stesso CEO di Pfizer, Albert Bourla, a dichiarare mesi fa alla CNBC che probabilmente sarebbe stata necessaria una dose di richiamo tra i 6 e i 12 mesi dopo la dose iniziale.
Le stesse dichiarazioni sono state rilasciate da Moderna, l’altra casa produttrice dei vaccini innovativi a mRNA.
L’ipotesi di un richiamo avvantaggia senz’altro le casse di Pfizer.
La società ha dichiarato questo mese che prevede di richiedere l’autorizzazione normativa per una terza dose del suo vaccino. La Food and Drug Administration e i Centers for Disease Control and Prevention, al momento, non intendono concedere l’approvazione. Tuttavia, con i casi in rapido aumento, la situazione potrebbe cambiare presto.
Un guadagno extra di 1,7 miliardi di dollari
Se la terza dose Pfizer diventasse ufficiale, solo negli Stati Uniti si tratterebbe di 86 milioni di dosi in più rispetto a quelle previste inizialmente. Niente meno che un guadagno extra, per l’azienda, di ben 1,7 miliardi di dollari.
Lo scenario potrebbe essere simile in tutto il mondo.
Chi ha scelto o vuole scegliere di investire in azioni Pfizer sta aspettando alla finestra conferme o smentite in questo senso. Nel frattempo, il titolo PFE, con una quotazione attuale di 41.68 dollari, rimane vicino al massimo di 52 settimane di 43.08 dollari.